Albrecht Dürer: breve biografia del grande artista tedesco

Albrecht Dürer: breve biografia del grande artista tedesco
”Autoritratto con pelliccia” di Albrecht Dürer, 1500, Alte Pinakothek, Monaco di Baviera.

Il volto sereno di un Cristo col viso incorniciato da lunghi capelli biondi, che conferiscono grande luminosità alla posa ieratica assunta dal protagonista del ritratto eseguito su fondo scuro, richiama quello del “Salvator Mundi” di Antonello da Messina.

Ad avvalorare questa impressione, oltre all’inquadratura rigorosamente frontale e verticale del personaggio, concorre la posizione della sua mano destra che, intanto che tiene il bavero dell’elegante pelliccia da lui indossata, ricorda da vicino il gesto di una mano benedicente.

Così nel 1500 il noto pittore tedesco Albrecht Dürer, nel più famoso ed ultimo dei suoi tre autoritratti, quello “Con la pelliccia”, ha voluto immortalarsi per la posterità tramandandoci l’immagine di un bell’uomo giovane visibilmente “arrivato”, agiato e tanto sicuro di sé da palesare in questo modo la convinzione che un artista con la sua creatività partecipi da vicino al potere di Dio, dal quale riceve i suoi talenti.

Era stato così per Leonardo, lo sarebbe stato per Raffaello e Michelangelo, e così fu anche per Dürer, che a buon diritto può essere considerato il più alto rappresentante del Rinascimento nei Paesi del Nord Europa.

Come si premurò di farci sapere lui stesso, con l’aggiunta di una scritta in latino su quello che è uno dei suoi capolavori, “Albertus Durerus Noricus ipsum me propriis sic effigiebam coloribus aetatis anno XXVVV”, cioè: “Io Alberto Dürer di Norimberga nel 28° anno d’età così raffiguravo me stesso con colori appropriati”.

Si tratta della consapevole rivendicazione della sua realtà di uomo fuori dal comune, straordinario nel senso letterale del termine, ben diverso dal ragazzotto imberbe e un po’ rustico del precedente “Autoritratto con fiore di eringio” di soli sette anni prima, a dimostrazione di quanto rapida sia stata la sua ascesa sociale.

Albrecht Dürer era nato il 21 maggio del 1471 a Norimberga da un orafo di origini ungheresi che di nome faceva Albrecht pure lui e che in Germania si era stabilito nel 1455, sposando una dozzina d’anni più tardi, quando era già un quarantenne, la figlia del suo datore di lavoro, una ragazzina di soli quindici anni che gli avrebbe regalato in rapida successione ben diciotto figli, di cui però soltanto tre sarebbero giunti all’età adulta.

Albrecht Junior, suo terzogenito, seguì dapprima le orme paterne, imparando la tecnica dell’incisione su metalli che gli sarebbe stata molto utile in futuro quando, accanto all’attività di pittore, si sarebbe dedicato anche a quella d’incisore, ben più redditizia della prima. Tuttavia, sentendosi più portato all’uso di matite e pennelli, ottenne dal padre il permesso di frequentare la bottega di Michael Wolgemut, il più importante pittore della Norimberga di quegli anni, presso il quale a quindici anni iniziò ad eseguire i primi disegni che sarebbero poi serviti come base per le preziose incisioni su legno realizzate per conto del suo maestro, cui sarebbe rimasto molto affezionato per tutta la vita.

Nel 1490, anno d’esecuzione della prima opera che di lui ci sia arrivata (“il “Ritratto del padre”), Dürer iniziò un lungo viaggio di studio ed autopromozione che lo avrebbe tenuto lontano dalla Germania per quattro anni, trascorsi fra Paesi Bassi, Svizzera ed Alsazia, durante i quali poté già mantenersi col suo lavoro.

Ciò gli permise nel 1494, una volta tornato a Norimberga, di sposarsi con Agnes Frey, iniziando un rapporto coniugale che però non sarebbe mai stato molto felice a causa dell’enorme differenza caratteriale e culturale dei due. Se Agnes infatti ambiva solo ad una vita tranquilla da trascorrersi nell’intimità famigliare, Albrecht aspirava alla notorietà ed al successo internazionali, per i quali non esitò a sacrificare il proprio ménage matrimoniale (che forse anche per questo sarebbe rimasto sempre sterile), per esempio partendo da solo già pochi mesi dopo le nozze per il suo primo viaggio in Italia.

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L’amore per l’Italia di Albrecht Dürer

Padova, Mantova, Pavia, ma soprattutto la splendida Venezia di fine Quattrocento furono le città da lui visitate nell’arco del “gran tour” del 1494, che gli permise di conoscere una realtà del tutto nuova, che lo colpì enormemente per il cosmopolitismo e la vivacità culturale incontrate dovunque andasse, oltreché per la grande considerazione che gli artisti godevano allora nel nostro Paese, a differenza di quanto succedeva in Germania.

Proprio a Venezia poté studiare a fondo il tema del nudo grazie alla facilità di reperire modelli, cosa che nella bigotta Germania di quei tempi non gli sarebbe mai riuscita. E sempre nella magnifica Italia rinascimentale acquisì quella consapevolezza di sé che lo avrebbe trasformato anche caratterialmente nell’uomo elegante e raffinato raffigurato prima nell’”Autoritratto coi guanti” del 1498 e poi per l’appunto nell’ultimo “Con la pelliccia”.

L’amore per il nostro Paese, dove si sentiva ammirato e corteggiato come “un gentiluomo”, mentre a casa lo vedevano più o meno come “un parassita”, l’avrebbe fatto tornare a Venezia una seconda volta nel 1505, quando aveva già acquisito benessere economico e fama tanto da diventare, bello ed elegante com’era, un ospite ambitissimo delle feste più esclusive e delle cene di gala, fino a suscitare le gelosie di molti colleghi italiani, con la sola eccezione dell’anziano Giovanni Bellini, che invece gli testimoniò stima e benevolenza acquistandogli persino alcuni lavori.

Le maggiori opere di Dürer

E’ ovviamente impossibile enumerare qui tutti i capolavori di questo grandissimo artista, che a partire da un certo momento iniziò a firmare i suoi quadri col semplice monogramma “A.D.” disegnato in forma di porta stilizzata, perché il cognome “Dürer”, derivante del sostantivo tedesco “Tür” che significa “porta”, si può tradurre in italiano più o meno con “Della Casa”.

Fra i suoi ritratti più famosi però ricordiamo almeno quelli di Federico il Saggio (1496), Oswolt Krel (1499), una “Giovane veneziana” (1505), Berkard von Speyer (1506) e Michael Wolgemut (1516). Vasta e di altissimo valore artistico fu anche la sua produzione di carattere religioso, almeno fino a quando aderì al luteranesimo che, col suo rifiuto delle immagini sacre, finì con l’incidere negativamente sulla sua attività.

Quando nel 1527 la malaria contratta durante un ultimo viaggio nei Paesi Bassi lo condusse alla tomba, la sua fama era tale che molti artisti minori, per vendere meglio i loro quadri, vi apponevano il monogramma di Dürer, anticipando così di qualche secolo i moderni “taroccatori” delle grandi firme.