Un cambiamento del territorio radicale è avvenuto a Fukushima dove, prima e dopo il terremoto che provocò l’esplosione di una centrale nucleare, nulla tornerà come prima. Lo testimoniano le foto di ieri e di oggi.

Una triste data da ricordare è l’11 marzo 2011. Un terremoto, nono grado della scala Richter, si genera a largo dell’oceano Pacifico. Il sisma prenderà il nome della città del sol levante che più di altre subirà enormi danni: Fukushima. Prima e dopo il terremoto, il volto dell’intera area cambierà per sempre, divenendo l’icona di un disastro ambientale senza precedenti.
L’evento sismico scatenò anche un violento maremoto. Uno tsunami si abbatté sulla città di Fukushima cambiandone il volto, anche perché ospitava una centrale nucleare industriale che subì dei danni in seguito ai quali si ebbe il rilascio di un’enormità di radiazioni. Per questo motivo, prima e dopo il terremoto di Fukushima i danneggiamenti dovuti al disastro sono sia visibili ma anche impercettibili. Piaghe all’apparenza impalpabili ma altrettanto gravi e insidiose: le radiazioni fuoriuscite dalla centrale nucleare.
Ancora oggi, nonostante le tecniche previsionali e di misurazione si sono affinate e siano trascorsi diversi anni dal disastro di Fukushima, non è possibile trarre un bilancio esatto di quell’episodio. Soprattutto per quanto riguarda il disastro ambientale, dove entrano in gioco le radiazioni. Anche solo prevedere una stima temporale per il ritorno alla normalità è azzardato. Entrando in gioco gli effetti e i danni delle radiazioni nucleari e passerà molto tempo prima che in quelle zone la natura si disintossichi dai veleni radioattivi.
Fukushima prima e dopo il disastro ambientale, comunque sia, sarà sempre diversa. Una città che oggi non sarà più come era ieri. Le uniche testimonianze della catastrofe sono le foto di una zona dove tuttora è pericoloso avvicinarsi. Le radiazioni, invisibili quanto temibili, rendono impossibile anche solo accostarsi per riprendere le attività necessarie a riportare alla normalità una vasta area intorno a ground zero.
Fukushima prima e dopo, la città ieri e oggi: le fotografie del disastro ambientale
Sono le 14.46 e la terra del sol levante è scossa violentemente per tre lunghissimi minuti da un sisma che si produce a 24 km sottoterra. Dura tre interminabili minuti: solo in termini umani le vittime saranno circa 20.000. Subito dopo uno tsunami si abbatte sulle città di Miyagi, Tohoku, Ibanaki, Sendai, Iwate e Fukushima.
Fukushima ospitava una centrale nucleare che non poteva essere risparmiata dagli eventi: colpita dalle gigantesche e implacabili onde, tre dei suoi reattori subirono gravi danni che causarono a loro volta esplosioni radioattive per diversi giorni.
Il territorio della città giapponese era ormai contaminato. Nonostante le sofferenze, i sopravvissuti non ebbero la possibilità di piangere i loro cari perché presto cominciò l’esodo verso zone più salubri – anche se in realtà il disastro aveva invaso non solo Fukushima, ma l’intero Giappone.
Le conseguenze si riscontrarono presto in tutto il mondo, e un importante dibattito sull’energia nucleare venne sollevato da tutti i legislatori occidentali e orientali. Proprio quell’anno i cittadini italiani vennero chiamati alle urne per sostenere o abrogare il nuovo piano energetico entro il quale rientrava questa fonte d’energia.
Nonostante la lunga tradizione italiana di non recarsi ai referendum, nel giugno 2011 oltre il 54% dell’elettorato ritenne opportuno esercitare il proprio dovere di cittadino.
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Nella stessa direzione andavano gli altri governi: la Germania guidata anche all’epoca da Angela Merkel annunciò la sostituzione totale dell’energia nucleare con fonti rinnovabili entro il 2022, con la conseguente dismissione di tutti gli impianti in attività.
Forse quegli impegni sono andati persi, ma per rispolverarli basta osservare le immagini dell’area colpita dallo tsunami. Il caos è stato sostituito da un silenzioso ordine: il territorio rimane tuttora impraticabile e altamente radioattivo. E il numero di vittime continua ad aumentare nel tempo.